"ROCCHE E I CUZZETILLE"
"ROCCHE E I CUZZETILLE"
Spesso si sente ripetere
da coloro che sembrano custodire o abbiano effettivamente
un gran segreto, parole o frasi metaforiche ed ambigue,
con aria di mistero. Frasi del genere a volte diventano
proverbiali nelle espressioni dialettali e vengono tramandate
e ripetute in circostanze analoghe a quelle originarie.
In proposìto ricordo che un certo Rocco chiamato "'U fijje
de Cola Rusce", essendo morto un parente, aveva avuto
l'íncarico di recarsì alla chiesa di Sant'Antonio per
prendere accordi per il funerale con don Michele.
Passando per via Borgo fu fermato da alcuni amici, i quali, malgrado la sua riluttanza, lo obbligarono ad entrare nella cantina di "Sette gìacchette", dove era stata preparata una abbondante quantità di squisiti "cuzzitilli".
Forse l'appetito, o forse il sugo di maiale che aveva dato ai cavatelli un sapore favoloso, indussero Rocco a farsi una scorpacciata, tanto che si sentì costretto ad incaricare altra persona a compiere la commissione per cui si era avviato.
Il malcapitato Rocco a stento riuscí poi a guadagnare la sua abitazione. Come di consueto, i parentì a sera portarono il "consuolo", cioè la cena. Per quanto lo pregassero, però, nulla riuscirono a fargli ingoiare. E ai parenti che insistevano con i ripetuti inviti e che ignari di quanto avvenuto, notavano la sua condotta strana, attribuendola unicamente al dolore per il lutto, egli, ingozzato com'era, continuava a ripetere:
Passando per via Borgo fu fermato da alcuni amici, i quali, malgrado la sua riluttanza, lo obbligarono ad entrare nella cantina di "Sette gìacchette", dove era stata preparata una abbondante quantità di squisiti "cuzzitilli".
Forse l'appetito, o forse il sugo di maiale che aveva dato ai cavatelli un sapore favoloso, indussero Rocco a farsi una scorpacciata, tanto che si sentì costretto ad incaricare altra persona a compiere la commissione per cui si era avviato.
Il malcapitato Rocco a stento riuscí poi a guadagnare la sua abitazione. Come di consueto, i parentì a sera portarono il "consuolo", cioè la cena. Per quanto lo pregassero, però, nulla riuscirono a fargli ingoiare. E ai parenti che insistevano con i ripetuti inviti e che ignari di quanto avvenuto, notavano la sua condotta strana, attribuendola unicamente al dolore per il lutto, egli, ingozzato com'era, continuava a ripetere:
"'U sacce hi che tenghe 'n curpe"
Fonte: http://www.primonumero.it
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